Il buongiorno si vede
dal mattino. Fin dalle prime ore dell’alba un delizioso profumo di pane si
sprigiona dalle principali fornerie di Bergamo. Vetrine stipate di croissant
alla crema, tortine di frutta appena decorate o muffin cioccolatosi ben
lievitati risvegliano all’improvviso l’appetito un po’ sopito dalla frenesia
lavorativa. Qualcuno, con aria trafelata, si ferma di fronte al panificio, dà
un’occhiata furtiva all’orologio e pensa che, in fondo, cinque minuti per una
pausa golosa se li può anche ritagliare. Meglio ancora se il peccato di gola è
accompagnato da un buon caffè.
Oggi, infatti, la colazione non si fa più solo al bar. Già, perché da qualche tempo alcuni storici panettieri orobici, da Rota a Tresoldi, stanno allargando il loro assortimento proponendo all’interno delle loro botteghe piccoli angoli per la somministrazione di bevande calde. E così, nel cuore della settimana, le panetterie sono piene di studenti con cartelle a spalla, colletti bianchi in giacca e cravatta o mamme con la borsa della spesa che approfittano del servizio di caffetteria offerto dai fornai per gustare brioches e focacce ancora calde, comodamente seduti su sgabelli e tavolini. “Il contesto sociale in cui viviamo è cambiato rispetto a un tempo – spiega Roberto Capello, presidente Aspan Bergamo e presidente regionale e nazionale dei panificatori – Per i lombardi la cucina in casa sta diventando quasi inutile: da lunedì a venerdì la maggior parte della gente consuma la colazione e il pranzo fuori, mentre la cena è diventata il pasto principale. Lo street food è aumentato e le panetterie hanno cavalcato questo nuovo trend allargando l’offerta. Non più solo pane, quindi, ma un prodotto corredato da un servizio. Non si tratta di ristorazione pura. Si dà l’opportunità al cliente di sedersi velocemente nella pausa lavoro. Le liberalizzazioni per la somministrazione non assistita introdotte con la legge Bersani hanno agevolato questo processo”.
Verso mezzogiorno, lo scenario cambia di nuovo. Frolle e pasticcini cedono il posto a pizzette farcite, ciabatte imbottite, focacce ripiene, insalatone multivitaminiche, e persino lasagne, tortellini, gnocchi impastati a mano. Qualche massaia chiede di impacchettare porzioni di cibi pronti da portare a marito e figli. Gli impiegati che lavorano negli uffici del centro, invece, si fermano volentieri sul posto per assaporare tranquillamente un delizioso piatto di pasta casereccia o una fresca insalata di farro: “Una volta il pane era l’alimento principale – prosegue Capello – ora accompagna il cibo. La quantità di consumi di pane è calata perché l’uomo consuma meno energie, non fa più lavori di fatica ma impieghi sedentari. I panettieri hanno quindi capito che devono adeguarsi alle esigenze se vogliono campare. Pur continuando a vendere prodotti con base pane, hanno aggiunto altri gustosi ingredienti per rendere il tutto più appetibile. Molti fanno gastronomia con primi strutturati come lasagne, pizzoccheri, tortellini. Da Tresoldi ho trovato persino la paella. Introdurre piatti elaborati che costano di più del semplice pane significa garantire guadagni maggiori ai panificatori. Però bisogna scegliere il luogo giusto. Il panificio deve configurarsi al suo teatro di lavoro. Le scelte di indirizzo produttivo vanno accompagnate a un adeguato bacino di utenza. Quello che funziona a Milano magari non va a Bergamo. Una forneria-caffetteria non va bene, per esempio, nei paesi dormitorio perché non c’è passaggio. Anche i cambiamenti lavorativi condizionano. In generale si lavora bene nei giorni feriali, mentre nel weekend è difficile perché gli uffici sono chiusi”.
Oggi, infatti, la colazione non si fa più solo al bar. Già, perché da qualche tempo alcuni storici panettieri orobici, da Rota a Tresoldi, stanno allargando il loro assortimento proponendo all’interno delle loro botteghe piccoli angoli per la somministrazione di bevande calde. E così, nel cuore della settimana, le panetterie sono piene di studenti con cartelle a spalla, colletti bianchi in giacca e cravatta o mamme con la borsa della spesa che approfittano del servizio di caffetteria offerto dai fornai per gustare brioches e focacce ancora calde, comodamente seduti su sgabelli e tavolini. “Il contesto sociale in cui viviamo è cambiato rispetto a un tempo – spiega Roberto Capello, presidente Aspan Bergamo e presidente regionale e nazionale dei panificatori – Per i lombardi la cucina in casa sta diventando quasi inutile: da lunedì a venerdì la maggior parte della gente consuma la colazione e il pranzo fuori, mentre la cena è diventata il pasto principale. Lo street food è aumentato e le panetterie hanno cavalcato questo nuovo trend allargando l’offerta. Non più solo pane, quindi, ma un prodotto corredato da un servizio. Non si tratta di ristorazione pura. Si dà l’opportunità al cliente di sedersi velocemente nella pausa lavoro. Le liberalizzazioni per la somministrazione non assistita introdotte con la legge Bersani hanno agevolato questo processo”.
Verso mezzogiorno, lo scenario cambia di nuovo. Frolle e pasticcini cedono il posto a pizzette farcite, ciabatte imbottite, focacce ripiene, insalatone multivitaminiche, e persino lasagne, tortellini, gnocchi impastati a mano. Qualche massaia chiede di impacchettare porzioni di cibi pronti da portare a marito e figli. Gli impiegati che lavorano negli uffici del centro, invece, si fermano volentieri sul posto per assaporare tranquillamente un delizioso piatto di pasta casereccia o una fresca insalata di farro: “Una volta il pane era l’alimento principale – prosegue Capello – ora accompagna il cibo. La quantità di consumi di pane è calata perché l’uomo consuma meno energie, non fa più lavori di fatica ma impieghi sedentari. I panettieri hanno quindi capito che devono adeguarsi alle esigenze se vogliono campare. Pur continuando a vendere prodotti con base pane, hanno aggiunto altri gustosi ingredienti per rendere il tutto più appetibile. Molti fanno gastronomia con primi strutturati come lasagne, pizzoccheri, tortellini. Da Tresoldi ho trovato persino la paella. Introdurre piatti elaborati che costano di più del semplice pane significa garantire guadagni maggiori ai panificatori. Però bisogna scegliere il luogo giusto. Il panificio deve configurarsi al suo teatro di lavoro. Le scelte di indirizzo produttivo vanno accompagnate a un adeguato bacino di utenza. Quello che funziona a Milano magari non va a Bergamo. Una forneria-caffetteria non va bene, per esempio, nei paesi dormitorio perché non c’è passaggio. Anche i cambiamenti lavorativi condizionano. In generale si lavora bene nei giorni feriali, mentre nel weekend è difficile perché gli uffici sono chiusi”.
Oltre allo stile di
vita, anche i gusti della clientela si stanno piano piano evolvendo e
affinando. C’è infatti molta più attenzione alla salute e agli ingredienti contenuti
nei cibi che si consumano. Non è più solo la farina bianca a farla da padrone,
ma cereali come il grano saraceno, il farro, il kamut, la quinoa o i prodotti a
kilometro zero, come avviene nelle panetterie Zero Bakery di via Palazzolo e
via Masone. Per non parlare del recente boom del pane nero al carbone vegetale
(vendutissimo anche in provincia come al panificio Ghisoni di Ponte San Pietro),
capace di stimolare la digestione e persino di ridurre i gonfiori intestinali:
“Il pane non è più solo un alimento ma un’esperienza – conferma Capello – Il
panettiere oggi cerca di soddisfare il palato del consumatore con farine
diverse, creando un alimento esteticamente bello oltre che buono. Il cliente
vuole assaggiare, vedere, provare nuovi gusti. Anche il food design sul pane va di moda. Per
esempio a pranzo una michetta imbottita è troppo semplice oltre che scomoda da
addentare per strada. Per questo si prediligono i panini bassi, come la
ciabatta, che sono più gestibili per il nuovo modo di consumare fuori casa”.
Ci sono però anche alcuni casi in cui la panetteria si è trasformata in un vero e proprio locale che fa ristorazione con diverse proposte per ogni momento della giornata. È il caso di Tresoldi 1938 che, con le sue otto vetrine all’angolo tra via Petrarca e via San Michele, il suo menu ricco di verdure, formaggi e dessert, i suoi tavolini per la degustazione di aperitivi e il suo concept store di prodotti enogastronomici, ha praticamente assunto le sembianze di un bistrot alla francese. C’è poi Trex, la panetteria-caffetteria all’ex distributore Tamoil, ora Esso, di via Gavazzeni. Questo locale è gestito dai fratelli Matteo e Tommaso Tresoldi che in fatto di pane la sanno lunga, vista la tradizione di famiglia che li accompagna. Anche in questo caso si va ben oltre la semplice michetta. Oltre a caffè con brioche e qualche spuntino a base di pizza e focacce, vengono proposti ricchi pasti accompagnati da vini selezionati, con tanto di servizio al tavolo. Ma il presidente Aspan mette in guardia i fornai: “Molti panettieri bergamaschi hanno lavorato sodo per generazioni, sfornando pane casereccio e di qualità. Queste nuove tipologie di locali rischiano di cancellare in un colpo anni di tradizione e di lavoro. Ho iniziato a preoccuparmi quando ho sentito alcuni giovani paragonare i fornai storici a semplici bar. Bisogna sempre ricordare da dove siamo partiti e tenere ben salde le nostre radici, altrimenti il panettiere classico rischia di destrutturarsi completamente, trasformandosi in una caffetteria o in una gastronomia in cui il pane diventa un dettaglio”.
Ci sono però anche alcuni casi in cui la panetteria si è trasformata in un vero e proprio locale che fa ristorazione con diverse proposte per ogni momento della giornata. È il caso di Tresoldi 1938 che, con le sue otto vetrine all’angolo tra via Petrarca e via San Michele, il suo menu ricco di verdure, formaggi e dessert, i suoi tavolini per la degustazione di aperitivi e il suo concept store di prodotti enogastronomici, ha praticamente assunto le sembianze di un bistrot alla francese. C’è poi Trex, la panetteria-caffetteria all’ex distributore Tamoil, ora Esso, di via Gavazzeni. Questo locale è gestito dai fratelli Matteo e Tommaso Tresoldi che in fatto di pane la sanno lunga, vista la tradizione di famiglia che li accompagna. Anche in questo caso si va ben oltre la semplice michetta. Oltre a caffè con brioche e qualche spuntino a base di pizza e focacce, vengono proposti ricchi pasti accompagnati da vini selezionati, con tanto di servizio al tavolo. Ma il presidente Aspan mette in guardia i fornai: “Molti panettieri bergamaschi hanno lavorato sodo per generazioni, sfornando pane casereccio e di qualità. Queste nuove tipologie di locali rischiano di cancellare in un colpo anni di tradizione e di lavoro. Ho iniziato a preoccuparmi quando ho sentito alcuni giovani paragonare i fornai storici a semplici bar. Bisogna sempre ricordare da dove siamo partiti e tenere ben salde le nostre radici, altrimenti il panettiere classico rischia di destrutturarsi completamente, trasformandosi in una caffetteria o in una gastronomia in cui il pane diventa un dettaglio”.
PREMIATA FORNERIA
ROTA
Al mattino il banco
della Premiata forneria Rota è un tripudio di sapori. Più di una cinquantina di
tipologie di pane e una ventina di prodotti da forno, tra brioche, plum cake,
muffin e frolle, attirano l’attenzione dei più golosi che a stento riescono a
resistere alla tentazione di una gustosa colazione. Nata nel 1950
dall’esperienza di Gianfranco Rota, dal 1990 il panificio è guidato dal figlio
Alberto che non ha mai smesso di modernizzare e potenziare la sua attività.
Oggi la forneria vanta quattro punti vendita in città e uno a Gorle. Nella sede
di via Spaventa è attivo dal 2004 un servizio caffetteria e tavola calda dove
poter degustare, in un ambiente accogliente, una vasta gamma di specialità realizzate
con metodi naturali. “E pensare che quando abbiamo iniziato a introdurre anche
caffè e cappuccini c’era un po’ di scetticismo tra la clientela – spiega
Alberto Rota – L’idea è nata parecchi anni fa a Milano. Mi capitava spesso di
girare per i locali del centro meneghino per trarre ispirazione dalle novità
che periodicamente prendevano piede. Ricordo che rimasi colpito dalle numerose
panetterie con caffetteria che già all’epoca erano presenti in zona Duomo. Così
ho pensato di creare una realtà simile anche a Bergamo. All’inizio ho dovuto
scontrarmi con lo scetticismo della clientela più conservatrice, invece già
dopo 6 mesi abbiamo riscosso un grande successo. Dopo due anni abbiamo ampliato
ulteriormente il reparto caffetteria con una saletta al piano superiore della
forneria di via Spaventa, mentre la panetteria di Gorle ha un piccolo angolo
per la somministrazione”. E a mezzogiorno arrivano sul bancone anche i prodotti
per il pranzo, dai classici panini alle focacce, dalle insalate ai primi piatti
che variano ogni giorno per non annoiare i clienti più fedeli: “Siamo aperti 6
giorni su 7 dalle 7 del mattino alle 19.30 con orario continuato – dice Alberto
– In via Silvio Spaventa ci sono cinque persone in servizio la mattina e
altrettante nel pomeriggio, mentre nella pausa pranzo ne servono nove. Si può
mangiare sul posto oppure chiedere il take away. La mattina presto funziona
bene la panetteria, dopo le 8 la caffetteria, poi verso le 11 arrivano le
signore di una certa età che vengono a comprare il pane e che, invogliate dai
piatti di gastronomia, chiedono di portare via due belle porzioni di pasta,
così hanno già il pranzo pronto con meno di 10 euro. I lavoratori che escono
dagli uffici arrivano su tre turni, tra mezzogiorno e l’una e mezza, e si
siedono ai nostri tavolini. Poi alle 4 si riparte: è il momento della merenda
con le mamme e i bambini”.
Con il suo
grembiulino, il cappello da cuoca e la sua contagiosa simpatia, Valentina è
ormai diventata la mascotte di Zero Bakery. Di anni ne ha solo quattro, ma
appena esce dall’asilo non vede l’ora di aiutare la mamma a preparare pane e
dolcetti. D’altronde non potrebbe essere altrimenti visto che la sua maestra di
cucina è la panettiera Irene Gabucci, 38 anni, titolare dal 2013 di Zero Bakery
di via Don Luigi Palazzolo e, dall’anno scorso, di un omonimo secondo punto
vendita in via Masone. Qui il pane viene sfornato utilizzando farina macinata a
pietra, 20 ore di lievitazione, oppure quella di Senatore Cappelli al Kamut. La
pizza sfogliata è fatta con solo il 15 per cento
di margarina; il pane arabo è senza strutto; le ciabatte sono al farro
monococco e farro d’avena. Anche le focacce
di zucca, di patate, con gorgonzola e con barbabietola sono una vera delizia.
Per non parlare del reparto gastronomia. Sul bancone si alternano lasagne
al ragù, al radicchio o con ricotta e spinaci, carciofi al forno, peperoni
ripieni, polpette di zucchine, gnocchi, crocchette di pollo: “Manca solo la
pasta fresca all’uovo che non posso produrre io per una questione di limiti sanitari
sugli ingredienti imposti dalla Asl – racconta Irene – però gli gnocchi li
preparo io. Ho deciso di puntare sulla farina a kilometro zero, in particolare
la tipo 1 e tipo 2 del nostro territorio. Tra i prodotti che vendo di più c’è
la ciabatta, anche se all’inizio ho faticato un po’ perché i clienti non erano
abituati a 250 grammi di pane: era troppo grande. Ora invece va per la
maggiore. Vendo bene anche le focacce, il pane di segale, i grissini con il
mais nero spinato di Gandino, le schiacciatine all’orzo, alla cipolla, lisce o
ai cereali. Sta riscuotendo successo anche il mio biscotto proteico perché è
molto salutare: contiene infatti farina di farro, carrube, canapa, olio di
cocco, semi di lino e non ha conservanti”. Come nelle migliori tradizioni
antiche, il pane viene preparato con ingredienti genuini nel laboratorio di via
Palazzolo, seguendo un attento processo di lievitazione naturale. E per
garantire al cliente un prodotto fragrante in ogni momento della giornata,
vengono programmate più sfornate nell’arco della giornata: “Sono partita praticamente
da sola nel 2013 con l’aiuto di una sola commessa e oggi ho cinque dipendenti
divisi tra i miei due negozi. Siamo aperti tutto il giorno e conciliare
famiglia e lavoro non è semplice. Ho anche una figlia di 4 anni che vedo
pochissimo, ma faccio di tutto per riuscire a portarla a scuola e quando vado a
prenderla facciamo dolcetti e muffin insieme. È la mascotte nel negozio”.
Tresoldi Oggi – La
bottega del pane
Quella di Tresoldi è
una storia lunga e appassionante che inizia a metà del secolo scorso. Era la
fine del secondo conflitto mondiale e per Giuseppe Tresoldi e la moglie Elena si
presentò la possibilità di acquistare un vecchio panificio in via Gombito nel
cuore di Bergamo alta. Quello fu solo l’inizio di una tradizione che prosegue
ancora oggi in città con grande impegno e con il coraggio di adattarsi alle
nuove tendenze per non soccombere alla crisi. L’ultimo ad adeguarsi alle ultime
mode in fatto di cibo è stato il punto vendita di viale Papa Giovanni. Dallo
scorso agosto “Tresoldi Oggi” si presenta infatti come un angolo goloso con una
vetrina in continua evoluzione che si adatta a ogni momento della giornata.
Oltre ai classici panini con farine speciali, alle pizze farcite e alle tortine
di ogni sorta, vengono preparati piatti gastronomici per tutti i gusti:
insalate di pollo, polpo, arrosti, verdure miste, casoncelli, lasagne,
cannelloni, parmigiana di melanzane sono soltanto alcune delle succulenti pietanze
che si possono degustare sul posto o portare a casa. “Da quando lo scorso
agosto abbiamo rinnovato il nostro locale – spiega Mario Tresoldi – abbiamo
cambiato il nostro sistema di lavoro perché non possiamo più vivere di solo
pane. Il personale è aumentato, circa 24 dipendenti ruotano intorno alla nostra
azienda che, dal 2008, ha come base il laboratorio di Azzano San Paolo
progettato per la realizzazione di pane surgelato e precotto da distribuire nei
negozi a livello di food service. Portiamo il pane fino in Svizzera. Siamo
aperti dalle 7 del mattino per le colazioni, poi prepariamo numerosi piatti per
i pranzi veloci, rigorosamente in piedi. Infine la sera, dalle 17.30 fino alle
20.30-21, puntiamo sull’aperitivo. Molti studenti prenotano per festeggiare i
loro compleanni qui da noi con un happy hour tra amici. I risultati sono
buonissimi. Chi vuole può portare via i piatti così ha già il pranzo pronto e
non deve spadellare. Una di queste è mia moglie”.
PANIFICIO ALGISI (Osio
Sotto)
Un anno fa al
panificio Algisi di Osio Sotto sono spuntati tavolini, sedie alte e cappuccini
per la colazione, suscitando le perplessità di parecchi abitanti della zona.
Sì, perché in provincia queste nuove tipologie di fornerie-caffetterie si
contano sulle dita di una mano. Ma i detrattori hanno presto dovuto ricredersi:
“Il fatto è che qui la gente è abituata a bere il caffè soltanto al bar –
conferma il titolare Daniele Algisi – Quando abbiamo deciso di affiancare la
caffetteria alla vendita di pane e dolci c’era tanta diffidenza e spezzare
l’abitudine con un locale controcorrente non è stato semplice. A Bergamo questo
fenomeno è più diffuso, qui invece siamo in un paesino provinciale ed è stato
più difficile far accettare la novità”. Eppure, a un anno di distanza, Algisi
può dirsi soddisfatto della sua intuizione: “Abbiamo aggiunto la caffetteria
per sopperire al calo dei consumi e oggi i numeri ci danno ragione. Nel mio
locale ho l’autorizzazione per fare servizio sia al banco che al tavolo e così,
superato il periodo di rodaggio, abbiamo cominciato a incrementare il nostro giro
d’affari. Sono stati introdotti prodotti adatti a ogni palato: pani ai cereali
con farine particolari, macinate a pietra, kamut, grano saraceno vanno per la
maggiore. Per arricchire le colazioni o le merende pomeridiane abbiamo
affiancato alla classica brioche anche la biscotteria e prodotti da forno, dalle
crostatine ai plum cake. Il consiglio che mi sento di dare ai colleghi panettieri
è diversificare per attirare un crescente numero di clienti. Sui pranzi,
invece, non puntiamo molto, non facciamo gastronomia, solo tranci di pizza.
Siamo un negozio a gestione familiare e non riusciamo a stare qui tutto il
giorno. Verso le 14 chiudiamo per una pausa e poi riapriamo per le merende
dalle 16 alle 20”.
Commenti
Posta un commento