![]() |
Silvio Albini |
“Il mondo oggi è molto
complesso e imprevedibile. Ma se si
vuole avere successo il passo verso l’internazionalizzazione è imprescindibile”.
Il consiglio giunge da un imprenditore che in fatto di mercati esteri la sa
lunga. Silvio Albini è infatti amministratore delegato del Cotonificio Albini, l’azienda che da
cinque generazioni produce tessuti per camiceria di alta gamma e che
oggi, negli 80 Paesi del mondo in cui esporta, fattura il 70% del suo intero
giro d’affari. “Non è più solo il momento di andare in giro con la valigetta a
conquistare i mercati – dice – serve una presenza più consolidata con uffici
commerciali e di rappresentanza in loco. Certo, non è un passo scontato, ci
vogliono tempo e risorse. Ma se riusciamo ad essere sia globali che locali,
potremo capire meglio le esigenze dei singoli mercati”.
L’economia bergamasca sta subendo i postumi della crisi
oppure, secondo lei, ci sono margini di ripresa?
L’economia bergamasca
è prevalente manifatturiera e le sue aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni,
hanno fattori di competitività importanti. Le imprese hanno sofferto molto in
questi anni di crisi ma sono comunque riuscite a rimboccarsi le maniche e a
rafforzarsi. La principale discriminante per affrontare la situazione è la
capacità di essere presenti sui mercati internazionali come, per esempio, ha
fatto il nostro cotonificio.
![]() |
Andrea, Stefano, Silvio e Fabio Albini |
Quali sono i settori di eccellenza dell’economia orobica?
Il tessile,
l’abbigliamento e il food che sono i tipici settori che possono portare alto il
marchio del made in Italy. Per far questo dobbiamo essere coerenti coi nostri
valori profondi di qualità e di eccellenza e portarli sia nei mercati emergenti
che in quelli maturi perché il mondo ha voglia dei nostri prodotti.
Che cosa consiglierebbe a un giovane che desidera
mettersi in proprio in questo periodo non facile per l’economia globale?
Un giovane,
soprattutto se disoccupato, deve fare di tutto per affacciarsi al mondo del
lavoro. Una volta entrato, infatti, viene a contatto con realtà che lo stimolano
ad andare avanti. Deve inoltre seguire le proprie passioni e avere una sana
ambizione a eccellere, ad avere cura del cliente, all’innovazione del prodotto.
Il tutto con un occhio attento a quello che fanno gli altri. Tante volte,
infatti, ci illudiamo di inventare cose che da altre parti del mondo, magari,
già esistono.
Non crede che la difficoltà di accedere ai finanziamenti
delle banche e gli ostacoli burocratici frenino un po’ lo spirito di iniziativa
dei giovani?
Abbiamo dei fardelli
burocratici che rendono estremamente difficile in Italia diventare un
imprenditore di successo. Forse sono un idealista, ma io credo che talvolta
contino di più le buone idee che il capitale. Ho infatti l’illusione che i
soldi si possano trovare anche in Italia, serve però il progetto giusto.
Vuole dire che forse il problema è che i giovani
veramente creativi si contano sulle dita di una mano?
Dio ci ha dato il
cervello e quindi bisogna aspirare all’eccellenza, non alla mediocrità.
Gli stage in azienda promossi dalle scuole possono essere
un’opportunità per aiutare un ragazzo a passare dalla teoria appresa sui libri
alla pratica?
I tirocini sono
importanti, anche noi ne organizziamo molti. Da un lato gli stage danno
l’opportunità al giovane di entrare in azienda, di affacciarsi al mondo del
lavoro, di cogliere le occasioni e di capire le proprie attitudini. Dall’altro
consentono all’imprenditore di confrontarsi con dei ragazzi nuovi, metterli
alla prova e capire se c’è una corrispondenza di obiettivi e di capacità.
Quali opportunità darà l’Expo 2015 all’economia orobica?
L’Expo 2015 creerà
movimento anche in Bergamasca. Sarà un’occasione importante per far conoscere
Bergamo sia dal punto di vista turistico che industriale. Poi, però, finiti i
sei mesi dell’esposizione, bisognerà capitalizzare tutto questo trasformandolo
in un’opportunità a lungo termine, mantenendo i rapporti e ripensando a un modello
di sviluppo legato a questa esperienza.
Quali sono i limiti e le potenzialità di Bergamo?
Il settore
manifatturiero che caratterizza la Bergamasca è molto aperto al mondo ma
dobbiamo fare di più, senza però rischiare di perdere il nostro Dna. Per esempio,
bisognerebbe investire di più sul sistema informativo, ambito in cui c’è ancora
tanto da fare. Non dimentichiamoci, tuttavia, che abbiamo anche tanti punti di
forza. Negli ultimi anni ci siamo autocommiserati troppo. Invece abbiamo tante
qualità che portiamo avanti molto bene, ma dobbiamo essere coerenti e abili nel
pubblicizzare il nostro made in Italy che è tanto apprezzato all’estero. Altre
parti del mondo, che hanno vissuto situazioni simili alla nostra, hanno saputo
sfruttare la crisi per portare valore aggiunto e sviluppo al loro territorio. Anche
noi dobbiamo imparare a spiare e imitare un po’ di più quello che hanno fatto
quelli bravi, puntando sulla curiosità, la conoscenza e la voglia di
approfondire.
Commenti
Posta un commento