di Laura Ceresoli
(Tratto dal mensile Affari di Gola)
Altro che pizza e mandolino. Lo chef
bergamasco Stefano Terzi è riuscito nel giro di pochi anni a scardinare gli
ormai consumati stereotipi della cucina mediterranea, inserendo nel menu del
suo locale newyorkese le prelibatezze che non ti aspetti. Una missione non
facile visto che l’americano medio crede ancora che il french chicken o gli
spaghetti con le polpette siano specialità tipicamente italiane. Nato a
Calcinate, con esperienze lavorative in rinomati ristoranti orobici come La
Taverna Del Colleoni, Terzi che da oltre vent’anni vive negli Stati Uniti, ha
ormai ben capito come prendere gli stranieri per la gola.
Da 16 anni è il
proprietario, insieme al suo socio Franco Lazzari, del Viceversa, locale
situato nella Hell’s Kitchen, una delle zone più belle e frenetiche della Grande
mela. Tocco distintivo sono, manco a dirlo, i casoncelli, ormai un must per
molti chef emigrati all’estero. “Nel prepararli – spiega il cuoco 44enne –
cerco di attenermi il più possibile alla ricetta originale, partendo dalla
farina per la pasta rigorosamente “00” italiana, usando gli amaretti e l’uvetta
per dar sapore al ripieno, mentre nel soffritto metto la pancetta che produco
in casa”. Nel menu serale c’è ancora profumo di Orobie grazie alla polenta con
porcini e fonduta di parmigiano e, non di rado, come specialità del giorno,
spiccano anche gli Scarpinocc di Parre o il coniglio con la polenta.I casoncelli |
La pagina
Facecook del Viceversa è un invitante susseguirsi di immagini golose che
rendono l’idea dell’amore e della passione che Stefano mette nella
realizzazione delle sue leccornie. Tra le proposte più invitanti ci sono l’Halibut
con puré di zucchine, la burrata su letto di pomodori o il risotto al tartufo.
Interessanti le immagini postate sul social network che ripropongono il
processo di realizzazione dei ravioli fatti in casa, dalla stesura della pasta
fresca alla farcitura. Tutti gli ingredienti e i vini serviti per accompagnare
ogni piatto sono importati dall’Italia. E gli utenti apprezzano: la pagina ha infatti
ottenuto finora 1.387 “Mi piace”. “Cibo eccellente e servizio impeccabile”,
commenta Vera Chen. “La prima volta in cui ho messo piede in questo fantastico ristorante
ero con alcuni amici per bere e cenare – scrive Thomas Laurita – È stato
bellissimo, non riesco a smettere di dire ai miei amici quanto sono stato bene,
un sacco di gente, buon cibo, proprietari gentili e con una grande passione per
quello che fanno”.
Il ristorante Viceversa |
Su Tripadvisor il Viceversa si piazza al 786esimo posto su 11.410
ristoranti nella Grande mela. Nel complesso 90 utenti giudicano il Viceversa
“Eccellente”, 90 “Molto buono”, 34 “Nella media”, 8 “Scarso” e 4 “Pessimo”. Ma le recensioni
positive vanno per la maggiore: “Ambiente
raffinato, che sa portare un pizzico di Italia di grande stile a New York –
scrive Crissy da Parma – personale gentilissimo e molto simpatici i
proprietari, soprattutto Stefano. Grandioso il cibo, di grande qualità le
materie prime trattate con rispetto e sapienza. Sono stata per una cena di
lavoro in ottobre ma sicuramente questo posto entrerà di diritto tra i miei
indirizzi preferiti di NY”. E ancora: “Io sono di Imola e mia madre prepara in
assoluto i migliori tortellini – commenta Daniela – ma quelli del Viceversa
sono altrettanto deliziosi”. E tra i giudizi più recenti c’è quello di Tia600:
“Menù ottimo con svariate scelte che spaziano dalla cucina tipicamente
bergamasca come il cuoco (vedi primo piatto di casoncelli a dir poco squisiti e
presentati stile ristorante stellato quindi anche l'occhio prende la sua parte)
a quella emiliana”. Per ulteriori informazioni: www.viceversanyc.com.
Stafano Terzi (a dx) con il socio Franco Lazzari |
Domande allo chef:
Come è iniziata la sua carriera culinaria?
Sono nato 44 anni fa a Calcinate, ma
sono cresciuto a Bagnatica fino all’età di 16 anni. Per lavoro mi trasferii a
Milano al ristorante Cassina di Pomm di via Melchiorre Gioia, che ora credo non
esista più. Sempre per lo stesso principale, Raffaele Marzorati, cucinai anche
alla Cascina Gobba per circa tre anni. Poi ritornai a Bergamo a lavorare con
Pierangelo Cornaro, prima al Ristorante dell’Angelo, che ai tempi si trovava in
Borgo Santa Caterina, e che in seguito si trasferì in piazza Vecchia,
fondendosi con La Taverna Del Colleoni.
Perché ha deciso di trasferirsi all’estero?
Quando lavoravo in Città alta
conobbi alcuni chef che mi aiutarono a trovare lavoro in California, prima a
Beverly Hills poi a Laguna Beach. Ero partito con l’intenzione di trascorrere
un anno in California e uno nella costa orientale degli Usa. Arrivato a New
York conobbi il mio socio Franco Lazzari e dopo circa tre anni, lavorando come
chef di cucina per un paio di ristoranti, tra cui il famoso San Domenico,
aprimmo insieme il Viceversa.
Che cosa ama del suo lavoro?
Sono 16 anni che siamo aperti, ho
avuto grandi soddisfazioni lavorative, ho conosciuto persone famose e alcune
meno famose, ma influenti. Quando i clienti si complimentano per l’esperienza
nel nostro locale e mi dicono che si trovano bene come in Italia, sono orgoglioso
di contribuire a dare alla nostra terra una buona immagine all’estero. Non
avrei mai immaginato, quando lasciai l’Italia nel lontano 1994, che sarei
arrivato fino a qui. In America ho potuto fare molto: sono il proprietario di
un locale in una delle zone più belle e frenetiche della grande mela, la Hells
Kitchen o “meglio la cucina dell`inferno” che fino alla fine degli anni ‘80 era
una zona malfamata in mano alla mafia irlandese. E poi ho comperato casa nella
stessa zona, nel centro del mondo.
La clientela newyorkese è esigente?
Il difficile di New York (ma anche
il suo bello) è proprio che la clientela è molto esigente. Chi vive qui, molto spesso
viaggia per lavoro: va in Europa, impara a conoscere il buon cibo e lo pretende
anche a casa.
Riesce a far apprezzare i piatti tipici bergamaschi agli americani?
Sin dall’apertura di Viceversa, ho
proposto i casoncelli alla bergamasca. Nel prepararli, cerco di attenermi il
più possibile alla ricetta originale. Cucino anche la polenta col coniglio e
gli Scarpinocc che, di tanto in tanto, propongo come piatto speciale. E poi la
Sbrisolona per occasioni particolari. Per brunch servo le uova con la loanghina
che cucino seguendo la ricetta che mi diede tanti anni fa un negoziante di
Bagnatica, Mario Brevi detto “del Leone”, con tanto di Grana Padano e un
pizzico di zucchero con la vaniglia naturale.
Gli americani hanno una visione stereotipata della cucina italiana?
Per fortuna mi trovo a New York City
e la gente conosce abbastanza bene la cucina vera italiana. Nel resto degli
Stati Uniti è una storia diversa, parlare di cucina stereotipata è dire poco.
Ci sono piatti che nessuno riconoscerebbe in Italia, dai famosi spaghetti con sopra
le polpette, ai gamberi alla scampi, fino al chicken alla francese.
Pollo alla francese?
Sì, alla francese. E pensano, per
chissà quale motivo, che sia un piatto italiano!
Utilizza le nuove tecnologie per promuovere il suo ristorante?
Sin dall’apertura, nel 1999, abbiamo
fondato il nostro sito internet. Si è rivelato subito un mezzo indispensabile
per vari motivi: comunicare con clienti, fornitori, persone connesse col
ristorante. E poi ci sono i social media come Facebook e Instagram che sono i
mezzi che prediligiamo per la comunicazione.
E delle recensioni di Tripadvisor cosa ne pensa?
Le recensioni sono il mezzo per
capire la reazione dei clienti al nostro locale anche se non sai esattamente
chi le fa. Bisogna percepirle ma, allo stesso tempo, capire chi le scrive. Un
metodo che per noi funziona da sempre è il contatto personale con il cliente,
osservare come reagisce quando gli si serve un piatto, l’espressione della
faccia e del corpo, come interagisce col cameriere che si prende cura di lui.
Il cliente più fedele sicuramente è quello che viene col vecchio passaparola.
A tutti è capitato di andare al ristorante dopo aver letto una buona recensione
su Tripadvisor. Questo meccanismo è fantastico per l’esposizione che ti dà, ma
credo che a volte sia meglio recarsi in un ristorante che ci ha suggerito un
buon amico che conosce i nostri gusti. Internet, con i suoi social media, è un
attrezzo importante ma il successo di un ristorante lo si fa con buon cibo,
bell’ambiente e servizio attento.
È andato all’Expo 2015?
Sono andato a maggio quando mi
trovavo a Bergamo per la prima comunione di mia nipote e penso che ci
ritornerò in autunno, durante il mio prossimo viaggio in Italia. Con qualche
pecca, credo l’organizzazione dell’evento sia sicuramente riuscita. Ho visto
padiglioni molto interessanti tra cui Germania, Giappone, Kuwait... Del padiglione
Italia, invece, tranne le belle foto delle città italiane e il personale che
spingeva a muoversi velocemente tra una sala non completata e l’altra, non mi
ricordo niente di più.
Cosa le manca di Bergamo?
Lo stile di vita, molto meno
frenetico di New York, e la qualità. A Bergamo torno sempre volentieri almeno
due volte l’anno. La storia dello chef Stefano Terzi: "Che esigenti i palati di New York"
Posted by La magica cucina del grande cocomero on Venerdì 18 settembre 2015
Commenti
Posta un commento