Alberto Vanoli |
di Laura Ceresoli
New York - “Fin
da giovane mi piaceva aiutare in cucina ma non avrei mai pensato di fare
carriera come cuoco. Ho cominciato solo perché i miei genitori mi hanno spinto
a farlo, vista la mia dimestichezza con i fornelli di casa. Nella primavera del
1995 uno chef Italiano di nome Giovanni Scappin mi contattò per offrirmi un
lavoro come sous chef in un ristorante a New York: fu così che la mi avventura americana cominciò”. Nato e cresciuto a
Petosino, Alberto Vanoli, 47 anni, è ormai un americano d’adozione. Vive infatti
da tempo negli Stati Uniti dove ha preparato succulenti manicaretti per alcuni
dei più rinomati locali di San Francisco, Boston e Philadelphia. Dopo una lunga
gavetta iniziata nel ristorante Antica Perosa al Cristallo Palace, da 10 anni Vanoli è assistente professore al Culinary
Institute of America di New York, dove insegna gli
autentici sapori regionali italiani.
E grazie all’aiuto dei suoi validi studenti gestisce con passione il Caterina de’ Medici, uno dei tre ristoranti di questo celebre campus considerato l’Harvard della cucina internazionale. Dietro i fornelli di questa grande villa in stile toscano che fa capolino nel centro Colavita per il cibo italiano e vino, l’arte culinaria di Alberto ha trovato la massima espressione. Cenare qui significa intraprendere una fuga gastronomica che trasporta i palati dei clienti in un viaggio all’insegna del gusto.
E grazie all’aiuto dei suoi validi studenti gestisce con passione il Caterina de’ Medici, uno dei tre ristoranti di questo celebre campus considerato l’Harvard della cucina internazionale. Dietro i fornelli di questa grande villa in stile toscano che fa capolino nel centro Colavita per il cibo italiano e vino, l’arte culinaria di Alberto ha trovato la massima espressione. Cenare qui significa intraprendere una fuga gastronomica che trasporta i palati dei clienti in un viaggio all’insegna del gusto.
Il ristorante Caterina De' Medici |
Nato nel 2001, il
centro Colavita fa parte del Culinary Institute of America, un vero e proprio
tempio della cucina che mette a disposizione dei suoi 2.800 studenti le più
moderne tecnologie e attrezzature per imparare a preparare manicaretti di ogni
sorta. Fondata nel 1946 questa università, che dal 1972 ha sede a Hyde Park, è
il sogno di chiunque aspiri a un futuro nella gastronomia. Allo chef Alberto
Vanoli va il merito di aver portato nel campus e, in particolare, nella cucina
del ristorante Caterina de’ Medici, un angolo di Italia che va ben oltre quelle
tradizioni toscane o mediterranee a cui gli stranieri sono abituati. Con grande
dedizione ama sfornare piatti raffinati nei quali non manca qualche richiamo
alle sue radici. È infatti riuscito nell’ardua impresa di inserire nel
raffinato menu di questa villa d’altri tempi, dove gli alunni completano il
proprio percorso di studi alternandosi tra fornelli e servizio ai tavoli, la
taragna con la fontina, le quaglie ripiene di salsiccia accompagnate da polenta
e persino i Casonsei alla bergamasca. Su Tripadvisor,
tra le
recensioni che parlano del Culinary
Institute of America, non mancano
riferimenti al Caterina de’ Medici: “Il cibo era molto buono – scrive Cavalier7_61 di Southampton, Regno Unito – e anche la nostra
cameriera è stata molto entusiasta di mettere la sua formazione in pratica. Se
siete nel quartiere di Hyde Park, non si può sbagliare con una visita qui per
il pranzo”. E ancora: “Il cibo e il servizio erano eccellenti – commenta Roseal2004, North Brunswick, New Jersey – Io ho ordinato il
risotto di scampi e mia moglie il pollo milanese. La cameriera, Katie, era di
alto livello”. Esiste anche una pagina facebook del ristorante che per ora ha
raggiunto 361 "Mi piace" e 990 visite. Qui si
trovano tutte le novità sugli eventi legati al Caterina de’ Medici oltre a
fotografie degli chef, dei loro elaborati piatti e della sofisticata sala da pranzo che si affaccia su un giardino mozzafiato
attorniato da rose, siepi e dalle rive del fiume Hudson. Per ulteriori
informazioni www.ristorantecaterinademedici.com
Come nasce la sua passione per la cucina?
Ho
cominciato la mia carriera nel ristorante Antica Perosa al Cristallo Palace.
Malgrado il difficoltoso inizio, molto diverso che fare due piatti a casa, ho
lavorato con persone appassionate e professionali che mi hanno indirizzato su
questa strada che diventerà la mia carriera professionale. Ho lavorato per più
di 10 anni in diversi ristoranti a Bergamo, poi qualche stagione in Sicilia e
un inverno in Sardegna.
E la
sua esperienza lavorativa all'estero com’è iniziata?
Nel
1993 ho fatto una breve esperienza a New York, per poi ritornare in Italia
l’anno seguente. Nella primavera del 1995 lo chef Italiano Giovanni Scappin,
che poi diventerà un carissimo mio amico, mi offrì un lavoro come sous chef in
un ristorante a New York. In questi vent’anni ho lavorato in diversi ristoranti
Italiani, in San Francisco, Boston, Philadelphia per poi ritornare a New Paltz,
un paesino situato nella meravigliosa Hudson Valley, dove aprii il mio piccolo
ristorante Italiano. Per diverse circostanze, tra cui il mio divorzio, tornai
in Italia, dove passai l’inverno a lavorare in Sardegna con un amico. Un giorno
lo chef Scappin mi rintracciò e mi propose di affiancarlo come insegnante nel
ristorante Italiano della scuola alberghiera Culinary Institute of America, una
delle più rinomate università degli Stati Uniti. E ora sono qui da 10 anni. È
un lavoro interessante, a volte impegnativo, dove ho la possibilità di servire
cucina italiana al pubblico e allo stesso tempo insegnare questa mia passione
ai miei studenti.
Riesce a far conoscere la cucina bergamasca nel mondo?
La cucina bergamasca sarà
sempre nel mio cuore. Sebbene sia difficile far capire all’americano quanto sia
importante la cucina regionale per ogni italiano, io propongo spesso piatti
tipici. Inoltre come insegnante ho anche la possibilità di far conoscere la
nostra cucina a giovani cuochi americani.
Con quali piatti?
La polenta, da sola oppure
con osei o salame, i casoncelli, gli strozzapreti, il margottino e il coniglio
arrosto della domenica con cui sono cresciuto. E poi la taragna e i
pizzoccheri, anche se non proprio bergamaschi.
A
quali chef si ispira?
Mi ispira ogni chef che dà
il meglio di se stesso. Sono cresciuto leggendo articoli di Gualtiero Marchesi,
mi sono sempre piaciute la sua semplicità e l’eleganza dei sui piatti e anche
se sono passati più di 25 anni condivido ancora tutt’oggi la sua filosofia.
È vero che gli stranieri hanno una visione stereotipata della
cucina italiana?
Purtroppo sì, gli americani sono ancora legati ai piatti
casalinghi introdotti dagli emigrati del fine ‘800 e che sono rimasti impressi
nella loro cultura. Dunque proporre piatti tipici e far capire quanto sia
importante la cucina regionale è un’impresa difficile.
Quanto è
importante internet per promuovere la sua attività?
Al giorno d’oggi internet e
assolutamente necessario. Con l’introduzione degli smart phone e dei tablet e
l’accesso wifi disponibile in molti luoghi pubblici, il cliente può accedere alle
informazioni quando lo desidera.
Ha una pagina Facebook per sponsorizzare i suoi prodotti?
Facebook è ovviamente usato spesso
per promozioni, menu, orari, indirizzo…
Qual
è il suo rapporto con le recensioni di Tripadvisor?
Tripadvisor, come altri social media, è un mezzo che consente
al cliente di ricevere informazioni e leggere i giudizi degli utenti, anche se
molte volte, secondo me, le recensioni sono ingannevoli e spesso
contraddittorie.
Com'è
cambiata la ristorazione e il rapporto con i clienti grazie ai nuovi media?
Non so se la ristorazione in se stessa è cambiata ma
sicuramente i nuovi media l’hanno resa più accessibile, consentendo a qualsiasi
ristoratore di farsi conoscere e di mettersi in evidenza. I media hanno
incrementato il rapporto con i clienti. Oggi siamo in grado di comunicare a un
livello che non sarebbe mai stato possibile in passato. Tuttavia il contatto è più
freddo e statico e si sta perdendo il valore proprio del rapporto umano.
Tornerebbe
a Bergamo per aprire un ristorante?
Ritorno a Bergamo quasi ogni anni per rivedere
amici e famigliari e ogni volta che riparto mi rattristo. Vivo in America da
vent’anni ma per me Bergamo rimarrà sempre la mia casa. Comunque a questo punto della mia vita non credo che
tornerei a Bergamo per aprire un ristorante. La verità è che lasciare tutto e
ricominciare di nuovo è complicato, ci sono molti altri fattori che devono
essere considerati. Negli Usa ho una compagna, un lavoro, una casa, dunque non
è molto semplice staccarsi da tutto questo.
(Tratto da www.affaridigola.it)
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