Intervista a Edoardo Raspelli


di Laura Ceresoli
Quando i ristoratori lo vedono arrivare a sorpresa nel loro locale, vengono subito assaliti da una grande agitazione. Già perché Edoardo Raspelli (65), nonostante la simpatia che lo contraddistingue, è uno dei più temuti e severi critici gastronomici d’Italia. Il noto giornalista e conduttore del programma domenicale Melaverde, che in passato ha assicurato gusto e olfatto con una polizza del valore di 500mila euro, è talmente sincero quando si tratta di giudicare vini e pietanze da aver collezionato negli ultimi quarant’anni savriate querele da parte di gestori e produttori di vino. Ma la sentenza finale è stata sempre la stessa: "Assolto, per aver svolto correttamente il diritto-dovere di cronaca e critica". “Eppure non so cucinare bene – ammette Raspelli – la vera cuoca di casa è mia moglie. Io preferisco mangiare. E infatti mi pagano per andare al ristorante. Da tre anni però ho un bendaggio gastrico che mi costringe a limitare le abbuffate sennò fatico a digerire”.
Ma come fa un critico gastronomico a mangiare poco?
Al ristorante mi limito a un assaggio e ho sempre Citrosodina e liquirizia in tasca. Il bendaggio gastrico è un'efficace strategia di contenimento dell'obesità. Io sono sceso da 126 chili a 92, poi ho ripreso qualche chiletto ma non son più quello di una volta.

Com’è nata la sua passione per il cibo?
Mio padre, che era un sindacalista degli ospedalieri, mangiava pochissimo. Non sopportava nessun odore e mia madre non poteva usare aglio, cipolla, rosmarino, basilico, niente di niente. E così mia mamma portava spesso me e il mio fratellino a mangiare dalla zia che sapeva cucinare molto bene, visto che in seconde nozze si era risposata con un famoso maître d’hotel. Io osservavo spesso mia zia mentre preparava i suoi manicaretti e andavo nella sua cantina a guardare le bottiglie di Barolo. Ho cominciato a scrivere i miei primi articoli all’età di 15 anni e piano piano mi sono fatto conoscere. Nel 1975 sul Corriere d’Informazione ho iniziato a curare, su ordine del direttore di allora Cesare Lanza, le pagine settimanali dedicate ai ristoranti, con la rubrica di stroncature "Il faccino nero".
E così è diventato un critico molto temuto da tutti i ristoratori…

Oltretutto per coglierli di sorpresa prenoto con nome falso o addirittura faccio telefonare a mia moglie così non riconoscono la mia voce. Non vi dico la faccia che fanno i ristoratori quando vedono arrivare me.

Quali caratteristiche deve avere un ristorante per ottenere un giudizio positivo?

Se il gabinetto è sporco o il tavolo prenotato non è preparato all’ora prestabilita è già un punto negativo. Comunque, rispetto a quarant’anni fa, l’Italia gastronomica è molto migliorata. Ormai in nessun ristorante decente si mangiano cibi pessimi. Quello che infastidisce è piuttosto la spesa fatta male, l’utilizzo di ingredienti sbagliati. Se vivi in Franciacorta puoi anche avere sulla carta lo Champagne ma se non hai un vino autoctono  non va bene. E a cosa serve a un ristoratore lombardo avere gli scampi nel suo menu se poi non ha l’ossobuco col risotto e la cassoeula? Il turista viene in Italia non solo per le bellezze naturali ma anche per assaggiare i piatti tipici del territorio.
I suoi piatti preferiti?
Bisogna puntare su frutta e verdura di stagione, sui prodotti a kilometro zero, sul cibo e le cantine del territorio. Da buon lombardo mi piace condire le pietanze con l’olio extravergine d'oliva Dop del Sebino, che nasce sulle sponde del lago d'Iseo.
Il tutto accompagnato dal vino giusto…
Sì, ma raccomando di bere poco perché fa meglio al fegato, al fisico e anche al portafoglio: se si incontra la polizia stradale sono guai!



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