Alla conquista dei palati inglesi


Michele Venezia
di Laura Ceresoli
La storia di Michele Venezia comincia ai piedi della Valle Seriana. Nato 35 anni fa ad Alzano Lombardo, ha vissuto fino all’età di 16 anni a Nembro dove ha frequentato l’Istituto alberghiero. È in quella scuola che Michele, giovane dallo spirito attivo e volenteroso, ha maturato la sua passione per le arti culinarie. Terminati gli studi, ha iniziato a lavorare a fianco di chef oggi riconosciuti come Francesco Gotti, Daniel Facen, Sergio Mei e altri maestri  della cucina italiana. Eppure il suo sogno è sempre stato quello di varcare i confini orobici per sperimentare nuove frontiere. Così ha lasciato Albano Sant’Alessandro, dove nel frattempo aveva trovato casa, e si è lanciato verso una promettente carriera all’estero, cucinando dietro i fornelli di rinomati locali, a New York, Los Angeles e Londra. Poi, la scorsa estate, il colpo di fulmine: Chester. Michele ha intuito che quella cittadina turistica situata tra Liverpool e Manchester, tanto apprezzata dagli inglesi, nascondeva grandi potenzialità. Senza troppi indugi, si è trasferito lì, con la famiglia al seguito, sfruttando una grande opportunità lavorativa. Attualmente si occupa, infatti, della gestione della cucina di due ristoranti italiani: "Trattoria Sergio's" e "Bollicini", sotto la supervisione di Francesco Gotti, già membro della nazionale italiana cuochi ed executive chef del Bobadilla di Dalmine. Il proprietario è invece Gianni Poletti che in Michele Venezia ha subito notato una sapiente abilità nel presentare piatti autentici della tradizione con classe e gusto. Il Bollicini è ben recensito sia su Facebook che su Tripadvisor dove si piazza al 76esimo posto su 441 ristoranti: 180 internauti lo giudicano “eccellente”, 77 “molto buono”, 34 “nella media”, 21 “scarso” e 23 “pessimo”. “Il cibo ė fantastico, il personale è cordiale e molto simpatico. Io lo consiglio a tutte le persone che andranno a Chester perché è un posto romantico. Quindi se volete bervi una bottiglia a testa solo per 15 pound questo è il posto adatto”, scrive Capitano­­_92. “Staff cordiale e con quel tipico fascino italiano che non guasta”, è invece il commento di Alex di Trapani. Il ricco menu di questo locale (consultabile su www.bollicini.co.uk) va dal filetto al dolce latte al pollo infuocato, dalle stelle al salmone agli gnocchi alla montanara, dai taglieri di salumi e formaggi alle pizze. Ottimi riscontri anche per Sergio’s, sia sulla pagina Facebook che su Tripadvisor dove 399 visitatori lo valutano “eccellente”, 167 “molto buono”, 54 “nella media”, 27 “scarso” e 31 “pessimo”. Qui l’ambiente si fa un po’ più rustico, con archi, mattoni a vista e il tipico stile ruspante di una trattoria made in Italy. Il menu conta una vasta gamma di antipasti, pizze e bruschette. Per noi parlare dei primi piatti che vanno da prelibatezze più classiche come lasagne, cannelloni e carbonara a gusti più strutturati come le farfalle con salmone e uova di lompo, fettuccine con ragù, prosciutto e funghi o penne con spinaci e ricotta. Tra i secondi la carta annovera una vastissima scelta di carne e pesce. E dulcis in fundo una lista infinita di dolci. Da provare il Blackout cake, dolce composto da sei tipi diversi di cioccolato che, di certo, non deluderà i più golosi. Per informazioni www.ristorantesergio.co.uk.

 

Domande allo chef Michele Venezia:

 

Quando ha deciso di trasferirsi all’estero?

La scorsa estate con la mia famiglia mi sono trasferito a Chester, cittadina turistica dagli inglesi molto apprezzata, situata fra Liverpool e Manchester.

Dove lavora?

Attualmente mi occupo della gestione della cucina di due ristoranti italiani "Trattoria Sergio's" e "Bollicini Restaurant", sotto la supervisione dell'executive chef Francesco Gotti. Inoltre da poco siamo entrati a far parte della ristorazione ubicata all'interno della cattedrale di Chester, sito turistico di maggiore interesse della città.

Riesce a far apprezzare la cucina bergamasca agli stranieri?

Sì, certamente. La cucina italiana, come quella bergamasca, è sempre molto apprezzata all'estero. Bisogna comunque essere in grado di accompagnare le ricette tradizionali agli ingredienti di abitudine locale. Nella maggior parte dei piatti da me proposti compare sempre un tocco orobico. La polenta, i casoncelli, il coniglio, adattati in diverse versioni, sono molto apprezzati, seppur poco conosciuti.

Che cosa ama del suo lavoro?

Negli anni ho cercato di sfruttare al meglio gli insegnamenti ricevuti e le esperienze vissute. Ora, con umiltà e costante dedizione, applico la mia fantasia alla mia attuale conoscenza, consapevole del fatto che ho ancora molto da imparare. È la cosa bella di questo  lavoro.

Gli stranieri hanno una visione stereotipata della cucina italiana?

Gli spaghetti e la pasta in generale, i risotti, le lasagne, la pizza e il tiramisù sono i veri stereotipi della cucina italiana. Sono conosciuti in tutto il mondo e lo stile di uno chef italiano rimane radicato in essi. In ogni parte del mondo si possono trovare ristoranti italiani che magari hanno chef di altre nazionalità. Ma per un italiano che va all'estero il gusto non sarà mai lo stesso della trattoria sotto casa.

Cosa ne pensa dell’uso dei social network per promuovere la propria attività?

In passato più volte ho utilizzato un profilo Facebook per promuovere serate o eventi particolari. Qui a Chester per il momento non ho ancora creato nulla di questo genere anche se credo che al giorno d'oggi sia importante sfruttare la tecnologia. Comunque, penso che, per avere riscontri positivi, la migliore pubblicità la faccia il cliente che esce dal ristorante soddisfatto.

Cosa ne pensa delle recensioni dei clienti su Tripadvisor?

Se sono in viaggio, consulto sempre Tripadvisor per capire se il posto in cui mi sto recando è appetibile o meno. Leggendo le recensioni ho notato che raramente i commenti non rispecchiano la realtà. Mi capita sporadicamente di controllare le recensioni negative a mio riguardo per cercare di correggere gli errori fatti in cucina. Non mi faccio prendere troppo da questi giudizi anche perché a volte si ha a che fare con clienti troppo esigenti o, in alcuni casi, anche ignoranti in materia. Ma cerco comunque di tenerli in considerazione.
Quindi i nuovi media oggi influenzano il modo di far ristorazione?

La ristorazione cambia in continuazione adattandosi ai tempi. Credo che i media abbiano sconvolto tutto il mondo, condizionando le vecchie linee di pensiero. Di conseguenza, la ristorazione si è dovuta adattare.

Tornerebbe a Bergamo per aprire un ristorante tutto suo?

Amo la mia città e sicuramente ritornerò ma, con i tempi che corrono, lo farò solo per ritrovare familiari e amici. Aprire un ristorante e mantenerlo nel tempo non è cosa semplice neanche per i migliori ristoratori bergamaschi. La maggior parte della gente non ha idea dei sacrifici che ruotano intorno a questa attività, figuriamoci nel periodo di crisi che si sta vivendo oggigiorno in Italia.

Ha avuto l’opportunità di conoscere altri chef bergamaschi che, come lei, hanno cercato fortuna all’estero?

A Londra nel 2004 ho avuto il piacere di lavorare con Graziano Bonacina, a quei tempi executive chef del George club, coadiuvato da Alberico Penati che gestiva tra i più importanti club ristoranti privati di Londra, tra i quali anche il famoso Harris Bar.
A New York ho conosciuto diversi cuochi bergamaschi che hanno aperto ristoranti o lavoravano per grosse catene o alberghi importanti. In generale sono tanti i giovani orobici che  si spingono all'estero in cerca di fortuna. Molti si illudono che sia tutto più semplice e immediato, ma non lo è. Io stesso non credo di aver fatto fortuna, credo piuttosto di aver avuto una buona opportunità da coltivare con impegno e costanza, giorno dopo giorno.
(Tratto da www.affaridigola.it)

 

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