Bergamo, viaggio nelle botteghe vintage dove nasce il caffè

di Laura Ceresoli
(dal Corriere della sera del 26 ottobre 2013)
Esistono una ventina di torrefazioni tradizionali, a Bergamo e provincia, dove regna ancora l’arte antica di preparare il caffè con metodi e macchinari che rispettano la tostatura originale. Che si tratti di piccole botteghe vintage vecchio stile o di grosse aziende più attrezzate, a fare la differenza in questi locali è l’esperienza umana che continua a prevalere sulla logica industriale.
Un centinaio di addetti per un settore che è riuscito ad affrontare la crisi a testa alta accelerando sull’export e puntando, in Italia, sulla qualità. Tracce dell’abilità orobica nella torrefazione risalgono già al 1772 quando il caffettiere Francesco Pedrocchi, originario di Rovetta, aprì a Padova quello che Stendhal definì “le meilleur café d'Italie”. Testimone di un secolo di vita bergamasca è stata invece La bottega del caffè di via XX settembre, gestita da Elena Bosis. Classe 1927, la titolare ha di recente annunciato la chiusura di questo locale fondato da suo padre, per trasferire il fulcro dell’attività nella Torrefazione lombarda di via D’Alzano. Altro marchio storico è la Juba di via Tiraboschi che si appoggia allo stabilimento di Lallio per la preparazione dei suoi prodotti. Mensole stipate di dolciumi e miscele racchiuse in pacchetti regalo caratterizzano questo locale le cui origini risalgono al 1946. È una tradizione di famiglia, quella della Juba, diventata celebre anche grazie a Franco Carissimi che, dagli anni ‘60, affiancò la madre nella gestione. Ma Carissimi decise poi di mettersi in proprio fondando prima la “Ose”, azienda per la fabbricazione di distributori automatici per il caffè, e poi nel 1983 la "Carissimi” di Orio al Serio con una propria linea di caffè selezionati in Brasile e Guatemala e aprendo alcuni punti vendita,recentemente anche a Oriocenter e persino negli Stati Uniti. “Il precursore è stato mio nonno Battista che aveva due stabilimenti per la torrefazione a San Giovanni Bianco e a Montecarlo: iniziò nel 1939 con l’orzo e poi dal 1945 passò al caffè – racconta Lester Carissimi che dalla morte del padre Franco amministra l’azienda di Orio insieme alla madre Anice Vergano – Ancora oggi tostiamo noi il caffè. Molti locali delegano questo procedimento a stabilimenti esterni, sia per gli alti costi dell’energia elettrica che per la difficoltà di rispettare le norme sull’inquinamento”. In Bergamasca si possono bere circa 140 marche di caffè diverse, di cui una decina orobiche. In Provincia la torrefazione più datata è quella di Silvio Tavecchio, a Capriate San Gervasio: “Da 70 anni lavoriamo il caffè – dice – seguendo la procedura artigianale, tostandolo ogni settimana per garantirne la freschezza”. Negli anni ‘60, nel pieno del boom economico, il mercato del caffè subì un cambiamento radicale: la miscelazione. Fu allora che vennero fondati due rinomati marchi come la Caffè Euromoka di Ciserano, nata con una gestione familiare e ora diretta da uno staff giovane, e la torrefazione Poli di Curnasco di Treviolo, oggi concentrata sulla vendita on line e sull’esportazione dei suoi prodotti in Cina. In città, tra le torrefazioni più recenti, spicca l’Art caffè di piazza Pontida (2000), piccolo laboratorio artigianale ideato da Ermina Nodari e dal marito Tullio Plebani, che sostiene anche il commercio equosolidale diffondendo il caffè delle Terre Alte Huehuetenango in Guatemala. Dal 2011 c’è poi la Chicca di via Pignolo che offre caffè molto rari, come il Kopi Luwak da 1.000 euro al chilo, il Captain Cook (Hawaii) e il Blue Mountain (Jamaica). Intenso, vellutato, vigoroso e decaffeinato sono i tipi di espresso che si possono bere al Caffè Caravaggio di Azzano che alla qualità aggiunge la tecnologia della thermo cup, la tazzina studiata per mantenere il caffè a una temperatura ottimale. Da sei anni in via Moroni, c’è la Mogi di Monica Forcella che possiede due depositi anche a Francoforte e a South Hampton e che usa chicchi provenienti da alberi nati in coltivazioni non estensive per preservare aroma e biodiversità. Medesimo gruppo, ma miscele diverse, infine, per la For Caffè, gestita sempre dalla famiglia Forcella.


Commenti